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Droga e nuove dipendenze

Il 26 giugno ricorre il World Drug Day, la Giornata Internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga, ricorrenza indetta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1987 allo scopo di ricordare agli stati membri la necessità di creare una “comunità internazionale libera dalla droga”. A selezionare i temi della Giornata Internazionale, ogni anno, è l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC), il quale promuove campagne di sensibilizzazione sull’argomento, il cui elemento ricorrente è la salute (http://www.unodc.org).

Con il termine droga l’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “qualsiasi sostanza che introdotta in un organismo vivente ne modifica il funzionamento e/o gli atteggiamenti sia fisici che psichici”. In questa categoria possiamo far rientrare, pertanto, sia le sostanze illegali (come cocaina, eroina, ecstasy cannabis, etc.), che alcune sostanze legali (come alcol, tabacco e psicofarmaci).

I dati recentemente pubblicati nella Relazione Europea sulle Droghe. Tendenze e sviluppi – 2015forniscono un quadro variegato e complesso del consumo di sostanze nel Vecchio Continente:

“Secondo le stime, oltre 80 milioni di adulti (ossia almeno un quarto della popolazione adulta nell’Unione europea) hanno provato sostanze illecite nel corso della vita. La sostanza stupefacente più consumata è la cannabis (75,1 milioni), mentre le stime sono inferiori per il consumo di altre droghe nell’arco della vita: 14,9 milioni per la cocaina, 11,7 milioni per le amfetamine e 11,5 milioni per l’MDMA. […]. Si stima che 14,6 milioni di giovani europei (15–34 anni), pari all’11,7 % di questa fascia d’età, abbiano consumato cannabis nell’ultimo anno (di cui 8,8 milioni di età compresa tra i 15 e i 24 anni, ossia il 15,2 % di questa fascia d’età).”

Oltre ad una netta prevalenza dell’utilizzo di cannabinoidi, rispetto ad altri tipi di droga, la ricerca ha rilevato un aumento delle emergenze ospedaliere legate al consumo di cannabis, di frequente associato alla presenza di sostanze legali, quali alcol, psicofarmaci e stimolanti:

“Benché siano rare, possono insorgere emergenze acute dopo il consumo di cannabis, specie in dosi elevate. Nei paesi a più alta prevalenza, tali emergenze rappresentano una percentuale considerevole di quelle correlate alle droghe. […] European Drug Emergencies Network (Euro-DEN), che monitora l’insorgere delle emergenze correlate alle droghe in 16 strutture di 10 paesi europei, ha segnalato che una percentuale compresa tra il 10 % e il 48 % (in media il 16 %) di tutte le insorgenze riguardava la cannabis, benché altre sostanze fossero presenti nel 90 % di questi casi. Più frequentemente, oltre alla cannabis venivano rilevati alcol, benzodiazepine e stimolanti. Tra i problemi segnalati più spesso figuravano quelli neuro-comportamentali (agitazione, aggressività, psicosi e ansia) e il vomito”.

L’utilizzo improprio e indiscriminato di psicofarmaci, al di fuori di uno specifico percorso terapeutico e in assenza di prescrizione medica, emerge in maniera preoccupante anche nel dato nazionale. Secondo la Ricerca CNR-Espad 2014, lo studio annuale sul consumo di droghe condotto dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr Espad-Italia, quasi 400 mila studenti in Italia, in prevalenza ragazze, abusano di psicofarmaci: “È questa la novità principale nel consumo di droghe che coinvolge circa 700 mila studenti italiani di età compresa tra i 15 e i 19 anni che le consumano alla cieca oppure mischiate tra loro” (http://www.osservatoriodroga.it/ricerca-cnr-espad-2014-abuso-alla-cieca-di-sostanze-tra-giovani/#sthash.aQKcDB17.dpuf).

Ciò che colpisce è la capillare diffusione di sostanze legali, o in merito alle quali si ipotizza una possibile apertura dei governi, tra giovani e giovanissimi, ossia quella fascia di popolazione che risulta maggiormente esposta ai rischi correlati all’utilizzo di sostanze psicotrope che, in fase adolescenziale e preadolescenziale: “sono stati più volte associati all’insorgenza di disforia, disturbi d’ansia, attacchi di panico e sindrome schizoide” (http://www.politicheantidroga.it).

Dati statistici dimostrano, peraltro, che le sostanze legali più diffuse, ossia tabacco e alcol, oltre ad avere effetti devastanti sulla salute, incidono in maniera estremamente significativa sul tasso di mortalità. Secondo quanto riportato dall’OMS, il fumo di tabacco rappresenta, infatti, la “seconda causa di morte nel mondo e la principale causa di morte evitabile”. Nello studio condotto nel 2014 dall’Osservatorio Nazionale Alcol (ONA) del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (Cnesps), invece, si legge che in Italia, solo nel 2010,sono avvenuti16.829 decessi riconducibili, direttamente o indirettamente, al consumo di alcolici:

“La mortalità alcol-correlata è suddivisibile infatti in tre diverse categorie a seconda dell’impatto che il consumo di alcol ha sulle cause che hanno determinato il decesso: A. Malattie totalmente alcol-attribuibili: la categoria contiene le patologie per cui la causa di morte è totalmente dovuta al consumo di alcol (ad esempio, gastrite alcolica); B. Malattie parzialmente alcol-attribuibili: la categoria contiene le patologie per cui la causa di morte è solo parzialmente attribuibile ad un consumo dannoso di alcol (ad esempio, tumore alla mammella e cirrosi epatica); C. Cadute, omicidi, suicidi e altri incidenti alcol-attribuibili: la categoria contiene le cause di morte non legate a patologie croniche ma che sono parzialmente attribuibili ad un consumo dannoso di alcol (ad esempio, incidenti stradali, suicidi e omicidi). Sommando le tre diverse categorie si stima che il 3,96% del totale dei decessi nei maschi e l’1,68% di quelli nelle femmine sono attribuibili al consumo di alcol”(www.epicentro.iss.it).

Il dato specifico relativo agli incidenti stradali rivela, in maniera inequivocabile, la pericolosità sociale della guida in stato di ebbrezza e il costo del consumo irresponsabile di alcolici in termini di vite umane: “La frazione alcol-attribuibile dei decessi per incidenti stradali è del 37% per i maschi e del 18% per le donne; 1 decesso su 3 per gli uomini e 1 su 5 per le donne potrebbe essere evitato non ponendosi alla guida dopo aver bevuto” (http://www.salute.gov.it).

Il consumo ripetuto si trasforma in dipendenza quando il legame con la sostanza è caratterizzato dal desiderio irrefrenabile di assumerla (craving), l’adattamento dell’organismo al principio attivo causa un bisogno progressivo di aumentarne la dose per raggiungere gli effetti desiderati (assuefazione) e, in assenza della sostanza, si genera uno stato acuto di malessere e sofferenza (astinenza).

Studi e osservazioni cliniche, dimostrano, tuttavia, che le forme di attaccamento patologico(caratterizzate da un legame morboso che risponde ai principi di craving, assuefazione e astinenza) non riguardano solo le sostanze, ma si possono estendere ad una serie di oggetti e comportamenti, spesso diffusi e socialmente accettati, che in condizione di particolare fragilità possono acquisire un ruolo dominante ed escludente nella vita della Persona, fino a devastarne la sfera affettiva e a minarne significativamente le relazioni familiari, i rapporti sociali e il rendimento lavorativo. Elementi quotidiani come il cibo, il sesso, il lavoro, i social network, il gioco, possono divenire oggetto di ossessione e creare un interesse angoscioso e malsano, che occupa incessantemente la mente della Persona e non le consente più di vivere serenamente:

“Il carving sembra essere l’elemento comune delle diverse espressioni attraverso cui si manifestano le dipendenze patologiche. […] Janiri, Caroppo, Pinto e Pozzo (2006) definiscono il carving come un desiderio incontrollabile verso uno stimolo, in grado di attivare un comportamento di avvicinamento alla sostanza. Ciò sottolinea come il carving possa manifestarsi in relazione a diversi oggetti e/o comportamenti, evidenziando elementi comuni alle tossicodipendenze e alle dipendenze comportamentali. […] La dipendenza patologica nei confronti di comportamenti e non di sostanze chimiche viene definita addiction senza dependance. Nel corso degli ultimi vent’anni è emersa una proliferazione delle dipendenze comportamentali. Comportamenti che rappresentano parte integrante della vita quotidiana, quali alimentazione, sessualità, tecnologia, shopping, gioco d’azzardo e relazioni affettive, per alcune persone arrivano ad assumere caratteristiche patologiche. Come nella tossicodipendenza, sono presenti il carving, la perdita di controllo e la compulsività, che arrivano ad assorbire la personalità del soggetto, divenendo, così, il fulcro della sua vita privata” (Canu, 2013).

Alcune di queste dipendenze, come la Ludopatia, o Gioco d’Azzardo Patologico, l’unica tra le dipendenze comportamentali ad essere citata esplicitamente nel DSM, ossia il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, non solo ledono la sfera affettiva, sociale e lavorativa della Persona, ma possono avere gravi conseguenze anche in termini di stabilità economica. L’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o fare scommesse, il bisogno incessante di denaro, che porta a contrarre debiti e a sottrarre risorse preziose per la sopravvivenza e il benessere proprio e della propria famiglia, può spingere chi ne è affetto a commettere gesti disperati, quali furti o frodi, in alcuni casi perfino il suicidio. Azioni che ricordano dinamiche e vissuti comuni a molte storie di tossicodipendenza.

La dipendenza patologica, in tutte le sue forme e declinazioni, costituisce una prigione che si edifica e si cementa in situazioni di particolare disagio o vulnerabilità. Indipendentemente da quale sia l’oggetto dell’ossessione, droga, sesso, cibo, gioco o altro, questo diviene il cardine attorno al quale inizia a ruotare la vita della Persona. La tormenta, la incatena, la annienta.

“La dipendenza patologica, o addiction, è un fenomeno che racchiude molteplici aspetti: il comportamento, la storia o i significati psicologici e le conseguenze che ne derivano […]. La persona tossicodipendente deve essere accompagnata all’interno di un percorso che va dal raggiungimento della consapevolezza di avere un problema, dunque dall’attivazione di una motivazione al cambiamento. […] L’obiettivo è quello di riabilitare la persona facendo emergere le sue risorse personali, sociali e relazionali, così da rinforzarle, per creare delle fondamenta solide finalizzate al raggiungimento di una reale autonomia e libertà dalle sostanze (Canu, 2013).

Attraverso tali percorsi si avranno a disposizione le competenze e il sostegno necessari a prendere coscienza del problema e ad elaborare il rapporto di dipendenza, in vista del suo superamento. Ove necessiti, verranno elaborati percorsi personalizzati, che coinvolgano e supportino anche le figure familiari significative, di accompagnamento all’interno di strutture di riabilitazione e centri di disintossicazione.

Per coloro che avessero già raggiunto questo fondamentale traguardo, sono previsti percorsi di sostegno che consentano il rafforzamento dell’autostima e il potenziamento delle risorse personali, al fine di aiutare la Persona a ricostruire i propri legami affettivi e le proprie relazioni sociali, riconquistando, al tempo stesso, autonomia ed efficienza in ambito lavorativo. Ciò, al fine di consentire un affrancamento completo dalla sostanza o da altri tipi di dipendenza ed evitare possibili ricadute.

La precisazione tratta dal manuale Psicologia delle Tossicodipendenze (https://www.massimocanu.it/psicologia-delle-tossicodipendenze/), in merito al problema della tossicodipendenza, riassume in maniera chiara ed esplicativa l’approccio seguito, volto al superamento di qualunque tipo di dipendenza, affrontandola in tutti i suoi aspetti, anche in fase di cambiamento e apparente superamento del problema, così da consentire alla Persona di ritrovare il proprio equilibrio per riconquistare totalmente la propria libertà ed autonomia, per non dover mai più incorrere nel problema della dipendenza patologica:

“Le persone ex-tossicodipendenti possono trovarsi ad affrontare, come chiunque altro, situazioni critiche e problematiche della vita quotidiana, scontrandosi con numerose difficoltà nel tentativo di risolverle e superarle. Di conseguenza, si ritengono indispensabili gli interventi di prevenzione delle ricadute, non soltanto nella fase di reinserimento, ma anche nella fase successiva, in cui la persona sta tentando di mantenere una stabilità relazionale e socio-lavorativa”(Canu, 2013).

Come procedere

Se senti di avere necessità di una Consulenza in ambito Individuale, piuttosto che di Coppia o Familiare, puoi fissare un appuntamento contattando i numeri 06 92599639 o 388 8242645, o puoi scrivere all’indirizzo e-mail info@massimocanu.it

In caso di impossibilità a poter raggiungere lo Studio, in Roma, potrai fare altrettanta richiesta per una prestazione On-Line, avvalendoti della piattaforma web appositamente realizzata. E’ intuitiva, rapida e sicura.

A conclusione di tale fase consulenziale, sia in Presenza che On-Line, sarà definito quanto emerso nel corso del lavoro e, eventualmente, saranno focalizzati gli obiettivi per l’avvio di una Psicoterapia, la quale potrà essere Individuale, di Coppia o Familiare.

Chiedere aiuto è un segno di forza e, soddisfare i tuoi bisogni psicologici, equivale a compiere il più importante atto d’amore che possa fare verso la tua persona, ancor prima che per coloro che condividono la loro vita con te.