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Amare è non toccare: sempre

L’ultimo caso, eclatante, è l’uomo che il 12 marzo a Reggio Calabria ha tentato di uccidere l’ex compagna bruciandola viva nella sua auto

Lo racconta La Repubblica: “Voleva uccidere l’ex moglie, vederla bruciare viva sotto i suoi occhi. Per questo Ciro Russo non ha esitato a evadere dai domiciliari, viaggiare per oltre 400 chilometri per raggiungerla a Reggio Calabria. E questa mattina ha agito. Erano da poco passate le 8.40 quando l’uomo, 42 anni, originario di Napoli e con diversi precedenti di polizia, si è avvicinato all’auto dell’ex moglie con in mano un contenitore. In pochi istanti ha aperto la portiera, le ha lanciato addosso del liquido infiammabile e le ha dato fuoco. Un’azione di pochi secondi, probabilmente progettata nei dettagli. L’uomo sapeva dove trovare l’ex compagna e a che ora, l’ha aspettata e non appena l’ha vista non ha esitato un secondo, nonostante la donna si trovasse in una via semicentrale e trafficata, nei pressi del liceo artistico, uno dei più frequentati della città”.

Troppo spesso sentiamo storie di violenze tra le mura domestiche. Quando una vita di coppia include maltrattamento, abuso o violenza, una donna prova umiliazione e rabbia verso l’altro e sé stessa. E a volte inizia a mentire agli altri per provare a mentirsi.

Dare fuoco alla propria ex compagna non può essere un atto isolato. Quante altre violenze sono state omesse dalla donna, magari per paura di ripercussioni o perché credeva fosse “solamente” il “raptus di un momento”?

 

La società giusta è quella che tutela il più fragile

Talvolta si legge che abusi, violenze e uccisioni di donne non siano tanti in Italia, in considerazione del fatto che vi siano nazioni in cui simili reati si verificano con una maggiore frequenza e che, pertanto, si tratti di “solo” allarme percepito. È impossibile anche solo intravedere la civiltà laddove la morale, le Istituzioni, la cultura o i media riducano a statistica di basso profilo un fenomeno così aberrante in cui il più fragile debba essere subordinato agli istinti del più forte fino, in ultimo, al diritto di poter disporre della vita altrui e decretarne la morte.

Possiamo immaginare giusta, invece, quella società in cui il più fragile non sia la vittima prediletta ma la prima persona, indipendentemente dall’età anagrafica, verso la quale indirizzare le dovute attenzioni e attivare le più idonee forme di tutela. Per arrivare a ciò, però, è fondamentale avere consapevolezza di quale possa essere il vissuto emotivo delle donne che “accettano” i maltrattamenti e la violenza da parte del loro partner; ciò, auspicabilmente, ancor prima che lo incontrino.

Avere consapevolezza della propria storia, così da potersi tutelare al meglio nel corso della propria vita, anche nell’individuazione sana del proprio partner, è fondamentale. Per amare appieno l’altro, dunque, occorre prima sapersi amare. Ciò che pure appare lapalissiano, però, è difficile farlo realmente in quest’ordine. Gli elementi della propria storia che sono stati rimossi, infatti, continuano ad agire comunque, per quanto si sia inconsapevoli, e ciò pone la persona che non abbia consapevolezza profonda di sé, nella condizione di richiedere all’atro, inconsciamente, le attenzioni e le cure che le sono mancate e, da sola, non riesce ad offrirsi.

 

Una spirale di bugie: mentire agli altri per riuscire a mentirsi

È più facile provare a prendersi cura dell’altro, anche nel tentativo di ricevere gratificazione dal suo cambiamento, provando a renderlo identico o quanto più simile a ciò che si desidererebbe fosse. Questo accade pure nelle relazioni in cui l’umiliazione, i soprusi e la violenza, anche fisica, diventa una componente dello stare insieme. In tal senso occorre sottolineare che, se colui che “personifica” il ruolo del carnefice non incontrasse colei che si “incardina” nel ruolo di vittima, quest’ultima non penserebbe di voler cambiare il primo, concedendogli un’altra possibilità e poi un’altra ancora.

Nei casi in cui il rapporto si cristallizza in questo tipo di difficoltà, ci si dice che l’ennesima sfuriata subita è accaduta perché l’atro era arrabbiato, perché aveva bevuto o aveva utilizzato nuovamente della droga; maledetta droga! “Quando lui è sereno, è la persona più buona del mondo”, “quando non usa niente è la persona con cui ho scelto di vivere la mia vita”; “in quei momenti mi sembra che il tempo non passi più e il terrore mi pervade”, “occorre solo aspettare che passi” sono solo alcune delle spiegazioni ed emozioni di donne che si trovano incastrate in un amore patologico dal quale non riescono a sfilarsi.

In tali casi è difficile che un “buon consiglio” di un esterno, da solo, possa riuscire a fare in modo che una coppia costituita su queste basi possa riuscire a scomporsi mediante la fuoriuscita della vittima e conseguente abbandono del partner.

Quando una vita di coppia include maltrattamento, abuso o violenza, una donna prova umiliazione, rabbia verso l’altro e con sé stessa, colpa, impotenza e, ciò che si fa in questi casi, è mentire. Inizia e si perpetua la dolorosa spirale: mentire agli altri per riuscire a mentire a sé stessa.

 

Violenza di genere

Per violenza di genere, la Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite, intende “qualsiasi atto di violenza contro le donne che comporta, o che è probabile comporti, una sofferenza fisica, psichica e sessuale, o una qualsiasi forma di sofferenza della donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forme di arbitraria privazione di libertà personale, sia in ambito privato che pubblico”.

Che ciò possa avvenire in ambito domestico o in qualsivoglia contesto esterno ai propri affetti diretti, è fondamentale riuscire a confidarsi con qualcuno, che abbia anche una valenza professionale, per ricercare aiuto e garantirsi, anche mediante l’avvio di un percorso psicologico, volto ad analizzare quanto accaduto e vissuto, per riuscire ad elaborare il trauma e riaffrontare la vita con maggiori capacità e risorse. Non si può e non si deve restare sole; è un atto d’amore che si deve a sé stesse.

Potrebbe essere un passo difficile da compiere, però, e il tentativo da attuare potrebbe essere quello di negare o minimizzare l’accaduto per – ci si potrebbe dire – ritornare alla vita di sempre. Sarebbe deleterio, innanzitutto per sé stesse.

 

Come procedere

Se senti di avere necessità di una Consulenza in ambito Individuale, piuttosto che di Coppia o Familiare, puoi fissare un appuntamento contattando i numeri 06 92599639 o 388 8242645, o puoi scrivere all’indirizzo e-mail info@massimocanu.it

In caso di impossibilità a poter raggiungere lo Studio, in Roma, potrai fare altrettanta richiesta per una prestazione On-Line, avvalendoti della piattaforma web appositamente realizzata. E’ intuitiva, rapida e sicura.

A conclusione di tale fase consulenziale, sia in Presenza che On-Line, sarà definito quanto emerso nel corso del lavoro e, eventualmente, saranno focalizzati gli obiettivi per l’avvio di una Psicoterapia, la quale potrà essere Individuale, di Coppia o Familiare.

Chiedere aiuto è un segno di forza e, soddisfare i tuoi bisogni psicologici, equivale a compiere il più importante atto d’amore che possa fare verso la tua persona, ancor prima che per coloro che condividono la loro vita con te.